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Titono e la vita eterna

Titono appartiene alla casa regnante a Troia. Un giorno Aurora, che lo vuole suo sposo, lo rapisce dalla terra, poi va a chiedere a Zeus che egli sia immortale e viva per sempre. Il Cronide approva, ma l’incauta dea ha dimenticato di domandare per l’amato l’eterna giovinezza. Così, finché è nel pieno vigore delle forze, Titono trascorre i giorni in sereno connubio con la dea, presso le correnti di Oceano, ai confini del mondo. Ma quando le prime ciocche bianche spuntano sulla testa e sul mento del compagno, Aurora si tiene lontano dal letto; tuttavia, continua a tenere l'eroe nelle sue stanze, lo nutre con cibo mortale e ambrosia, gli dona belle vesti. Col tempo, però, la vecchiaia giunge al culmine, l’uomo non riesce nemmeno a muovere le esili membra. Allora Aurora lo rinchiude nel talamo, serrando le porte: Titono non uscirà mai più da questa prigione, da cui si ode solo il flebile suono della voce1. Secondo un'altra versione, Titono viene trasformato in cicala per iniziativa di Aurora2ovvero è lui stesso a richiedere la metamorfosi3; o ancora, prima di diventare cicala, dorme per un certo periodo in una culla come un bambino piccolo4.

Fonti
  1. Hymn. hom. in Ven. 218-238; Licofrone, 16-19; Mimn. fr. 1 Gentili-Prato; Saffo, fr. 58, 11-22 Voigt; P. Köln inv. 21351 + 21376; Euripide, Tr. 853 ss.; Diodoro Siculo, 4, 75, 4; Orazio, Carm. 1, 28, 7-9
  2. Ellanico, 4 F 140 Jacoby
  3. Suda, s.v. Tithonou geras; scolio a Il. 11, 1-2
  4. scolio a Licofrone, 18

Commento

L’episodio esemplifica una sventura che per l’essere umano è più terribile della morte: se il perire comporta la liberazione dai mali, l’eterna vecchiaia logora di giorno in giorno il personaggio, enfatizzando la sua dolorosa condizione. L’immortalità, senza il complemento dell’immunità dalla vecchiaia, è causa di rovina per il soggetto mortale.

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