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Odisseo e la caccia

Invitato al palazzo del nonno Autolico sul Parnaso, Odisseo partecipa insieme agli zii ad una battuta di caccia al cinghiale, nel corso della quale fa mostra di tutto il suo coraggio. Benché ferito a un ginocchio, nello scontro con l’animale, riesce ad avere la meglio. Soccorso e curato dagli zii, Odisseo giunge al palazzo con la sua preda che gli vale la consegna di ricchi doni da parte di Autolico e festeggiamenti a palazzo con un banchetto. Approdati sull’isola di Circe, Odisseo e i suoi compagni patiscono la fame per due giorni, fino a quando l’eroe non decide di andare in esplorazione e, per intervento divino, si imbatte in un grande cervo, la cui uccisione viene, ancora una volta, celebrata con un banchetto. Meno fortunata è la caccia dei compagni di Odisseo sull’isola di Scilla quando, perseguitati dalla fame e benché vincolati da un giuramento, si risolvono a cacciare le vacche sacre al Sole. Il banchetto che segue, con animali solitamente destinati al sacrificio, provoca la reazione degli dèi che si abbatte violenta sulle navi1.

Fonti
  1. Od. 19, 392-466; 10, 142-184; 12, 295-419

Commento

Le vicende di Odisseo mostrano come la caccia rappresenti ora un momento associativo, funzionale all’integrazione del giovane nell’oikos di appartenenza, sancita dalla consegna di doni e dalla celebrazione del banchetto; ora un’attività produttiva, presupposto per la sopravvivenza di un gruppo. Una caccia non regolata è al contrario cartina al tornasole del grado di involuzione culturale cui perviene un gruppo perseguitato dalla fame che sacrifica animali già sacri agli dèi e non destinati a divenire preda degli uomini.

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