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Rapimento di Persefone

Persefone raccoglie fiori bellissimi presso Nisa quando Ade, signore degli Inferi, balza dal sottosuolo con il suo carro d’oro e la rapisce. La vergine continua a invocare la madre per tutto il viaggio, finché Demetra ne sente l’eco e un dolore acuto le colpisce il cuore. Senza mangiare né bere né lavarsi, la dea vaga alla ricerca della figlia finché, venuta a sapere del rapimento, adirata, rifiuta di far emergere il raccolto dalla terra e di tornare nell’Olimpo finché la figlia non sia liberata. Zeus infine cede alla pressione di Demetra e lascia che la figlia torni da lei. Persefone però ha già mangiato il frutto di Ade, il melograno, e per questo resta legata agli Inferi, dove dovrà tornare e rimanere con il suo sposo per un terzo dell’anno, mentre il tempo restante potrà trascorrerlo con la madre1.

Fonti
  1. Hymn. hom. in Cer.

Commento

La storia di Demetra illustra la profondità, l’intimità e gli eccessi del legame tra madre e figlia. Nel mito emerge infatti come il matrimonio di Persefone sia per Demetra un lutto: la dea rifiuta di mangiare, bere e lavarsi e si copre con un velo, mostrando i tipici segni del cordoglio. Persefone, da parte sua, invoca la madre e grida aiuto come se stesse andando incontro alla morte. L’associazione tra unione coniugale e morte è qui espressa attraverso l’identità dello sposo: il marito di Persefone è il sovrano degli inferi e il matrimonio coincide fisicamente e simbolicamente con un ingresso nel mondo della morte.

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