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Manlio condanna a morte il figlio

Nel 340 a.C. Tito Manlio, che intanto ha guadagnato il soprannome di Torquato grazie a una collana (torques) strappata in guerra a un campione dei Galli, guida la campagna contro gli ex alleati della Lega latina. Quando un cavaliere nemico sfida a duello il figlio del console, questi sconfigge l’avversario e ne reca al padre le spoglie, convinto di avere ben meritato; ma nell’accettare il duello il giovane Manlio ha dimenticato l’ordine di non combattere fuori dai ranghi che il console aveva impartito a tutto l’esercito: la sua vittoria è stata ottenuta dunque al prezzo di una grave infrazione della disciplina militare. Il console dispone infatti l’immediata esecuzione del figlio, come prevede la prassi in caso di insubordinazione; la locuzione Manliana imperia sarebbe passata poi in proverbio per definire provvedimenti particolarmente severi1.

Fonti
  1. Livio, 8, 6-7

Commento

Il giovane Tito è chiamato insomma a uniformarsi al comportamento tenuto a suo tempo dal padre: come questi aveva accolto senza protestare la relegazione in campagna a lui imposta da Lucio Manlio, allo stesso modo da Tito ci si aspetta che affronti senza opporre resistenza il supplizio decretato dal console-padre.

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