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Colpa di Laio, e divieto di diventare padre

Labdaco, re di Tebe, muore quando il figlio Laio ha appena un anno. Il trono della città è quindi occupato da Lico e poi dai gemelli Anfione e Zeto, che scacciano Laio; questi si rifugia allora a Pisa, nel Peloponneso, come ospite di Pelope, il quale gli affida il figlio Crisippo. Mentre Laio insegna al bambino a condurre il carro, viene preso da desiderio e gli fa violenza, inducendolo a uccidersi1. Pelope maledice Laio, augurandogli di non avere discendenti o, se dovesse generarne, di essere ucciso dal figlio2. Laio sposa Giocasta, ma nonostante l’oracolo di Apollo gli ripeta di astenersi dall’unirsi a lei per evitare la morte e salvare la città di Tebe, Laio trasgredisce l’ordine: vinto dai suoi impulsi e dalla mancanza di volontà, finisce per generare un figlio, Edipo3.

Fonti
  1. Apollodoro, Bibl. 3, 5, 5; scolio a Euripide, Phoen. 1760
  2. hypothesis di Euripide, Phoen.
  3. Eschilo, Sept. 745-57

Commento

La storia di Edipo nasce dunque dal crimine di Laio contro un bambino; è l’azione colpevole di Laio a far scaturire da una parte la maledizione di Pelope e l’oracolo, dall’altra il destino parricida di cui Edipo è vittima. Il crimine di Laio è duplice poiché la violenza su Crisippo spezza anche il vincolo sacrale dell’ospitalità di Pelope; inoltre, quella violenza rappresenta una sorta di assassinio del figlio vicario, un tradimento della funzione paterna di educatore e protettore. La seconda colpa di Laio è la disobbedienza alla sentenza di Apollo. L’oracolo ordina a Laio di non procreare come conseguenza diretta, anche se implicita, della sua azione abominevole: poiché non ha saputo prendersi cura di un figlio, sia pure vicario, ma ne ha determinato la morte, Laio non è degno di avere figli suoi. Ma Laio rifiuta ogni responsabilità: preda della sua incontinenza, forse ubriaco, egli si unisce a Giocasta che genera il figlio vietato.

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