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La dea Vesta

Quando la Terra si unì a Saturno, dal seme di lui furono generate tre figlie divine: Giunone, Cerere e Vesta. Le prime due si sposarono entrambe e partorirono dei figli, l’ultima rimase priva di marito. Ecco perché la dea, essendo vergine, è lieta di avere come sacerdotessa un’altra vergine e lascia che ai suoi riti accedano solo mani pure. Del resto, con Vesta si intende la fiamma viva, e dalla fiamma non è nato mai alcun corpo. Pertanto, a buon diritto è vergine, perché non restituisce né accoglie alcun seme e ama le sue compagne di verginità1.

Fonti
  1. Ovidio, Fast. 6, 283-294

Commento

La descrizione di Vesta mette in evidenza gli aspetti essenziali della rappresentazione romana della vergine, che coincide in primo luogo con la donna senza marito. La peculiarità delle vergini inoltre, e delle Vestali in particolare, è quella di non essere madri, proprio come la dea e il fuoco cui è accomunata. L’identità della vergine si costruisce pertanto in negativo: è colei che non accoglie il seme maschile nel suo grembo e che non lo restituisce in forma di figlio.

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