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Miti

Demetra alleva Demofonte

Demetra arriva a Eleusi e, nelle false sembianze di una vecchia, viene accolta nel palazzo dei sovrani Celeo e Metanira. Qui la donna è incaricata di allevare Demofonte, figlio ultimogenito della coppia, finché questi non abbia raggiunto la piena giovinezza. Per sdebitarsi della benevola accoglienza, la dea riserva cure speciali al piccolo: non somministra alcun cibo né latte materno; di giorno, unge con ambrosia il suo corpo e vi soffia sopra, mentre durante la notte lo immerge completamente nel fuoco. Grazie a queste operazioni il bambino cresce simile nell’aspetto agli dèi, e se la pratica fosse proseguita sarebbe diventato immune dalla vecchiaia e immortale. Una notte, però, Metanira decide di spiare l’operato della nutrice. Impaurita alla vista del figlio immerso nel fuoco, con un grido interrompe il rituale, che risulta in tale modo vanificato: Demofonte non potrà più sfuggire al destino di morte1. Secondo una diversa versione, il bambino non sopravvive: Demetra, udendo l’urlo di Metanira, lo lascia cadere nel fuoco e Demofonte muore bruciato dalle fiamme2, oppure la dea, in preda alla collera, uccide volontariamente il piccolo di propria mano3.

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Glauco sconfigge la morte

Ad Antedone, in Beozia, il pescatore Glauco si accorge che alcuni dei pesci da lui catturati riprendono vigore grazie a una certa erba. Volendone sperimentare personalmente le proprietà, l’eroe si ciba del portentoso vegetale: secondo alcuni impazzisce, secondo altri diviene subito immortale, senza però smettere di invecchiare. In preda a simili effetti, Glauco salta in mare gettandosi da una rupe. Da questo momento è una divinità marina, dotata di virtù profetiche1. In Ovidio, dopo il tuffo, Oceano e Teti purificano Glauco di tutto ciò che egli ha di mortale, pronunciando nove volte una formula e lavandolo con l’acqua di cento fiumi; il personaggio attraversa una fase di profondo smarrimento e, quando riprende i sensi, ha una lunga barba verde, braccia cerulee e coda di pesce2. Secondo Nicandro, Glauco è un cacciatore dell’Etolia e l’animale che vede rianimarsi per aver assaggiato la miracolosa erba è una lepre. Per volere di Zeus si scatena una violenta tempesta, che induce il personaggio a gettarsi in mare3. C’è infine la tradizione su Glauco bambino cretese, figlio di Minosse e Pasifae. Mentre sta inseguendo un topo, costui cade inavvertitamente in un orcio colmo di miele e muore. Il padre lo cerca a lungo e invano, finché il cadavere viene rinvenuto grazie all’abilità mantica di Poliido di Argo; ma Minosse, che rivorrebbe il figlio in vita, fa rinchiudere l’indovino insieme al corpo del defunto. Durante la prigionia, Poliido assiste al prodigio di un serpente che, per mezzo di un’erba, resuscita un altro serpente appena morto. Riporta quindi in vita Glauco e viene liberato dal re4.

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La dea Vesta

Quando la Terra si unì a Saturno, dal seme di lui furono generate tre figlie divine: Giunone, Cerere e Vesta. Le prime due si sposarono entrambe e partorirono dei figli, l’ultima rimase priva di marito. Ecco perché la dea, essendo vergine, è lieta di avere come sacerdotessa un’altra vergine e lascia che ai suoi riti accedano solo mani pure. Del resto, con Vesta si intende la fiamma viva, e dalla fiamma non è nato mai alcun corpo. Pertanto, a buon diritto è vergine, perché non restituisce né accoglie alcun seme e ama le sue compagne di verginità1.

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Marte possiede Rea Silvia

Un mattino, la Vestale Silvia si reca ad attingere l’acqua per i riti sacri. Giunta al ruscello, stanca e accaldata, siede all’ombra di alcuni salici, finendo per assopirsi. Marte la vede, la desidera e la possiede, pur se col suo potere divino nasconde quell’atto furtivo. Silvia si sveglia in preda al languore, e non ne comprende le ragioni. Non sa, infatti, di essere già incinta e di portare in grembo il fondatore della rocca romana1.

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