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Enea e la Sibilla placano Cerbero

Una volta traghettato al di là dell’Acheronte, Enea e la sua guida si imbattono in Cerbero, il cane a tre teste con i colli orlati di serpi, che con il suo latrato rintrona i regni infernali. Il cane ha dimensioni enormi e, accucciato, occupa l’intera ampiezza di un enorme antro sito nei pressi della riva. Non appena scorge l’eroe e la Sibilla, comincia ad abbaiare e i suoi colli serpigni si arruffano. A questo punto la profetessa getta nelle sue fauci un’offa di miele e farina. Il cane la afferra al volo e, subito dopo averla ingollata, si addormenta1.

Fonti
  1. Virgilio, Aen. 6, 417-423

Commento

Quella che emerge dal racconto virgiliano è una marcata accentuazione dei tratti canini della belva, già presenti, peraltro, nella tradizione greca. Se però il Cerbero dei Greci era pensato come un cane da pastore, il Cerbero virgiliano sembra invece il cane da guardia di una tenuta patrizia (munita di tanto di vestibolo).

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