Indice

Le Danaidi e il rifiuto del matrimonio

Le Danaidi sono le cinquanta figlie del re di Libia Danao. Fuggono dalla loro terra assieme al padre per sfuggire alle nozze con i loro cinquanta cugini, figli del fratello del padre, Egitto. Si rifugiano quindi ad Argo dove ottengono l’ospitalità e la protezione del re Pelasgo. Il matrimonio si configura infatti per loro come un incesto, trattandosi di cugini consanguinei, per di più al di fuori della norma sociale che richiede il consenso del padre. Ma l’aspetto più marcato nelle fonti è che le nozze sono vissute da loro come un insopportabile atto di violenza e di predazione, che esse, come colombe ghermite da sparvieri, rischiano di subire dai maschi assalitori. Alla fine il padre sembra acconsentire alle nozze, che dunque vengono celebrate, ma egli stesso arma la mano delle figlie dando loro la spada per assassinare i mariti. La prima notte di nozze si trasforma quindi in una strage, in quanto le fanciulle uccidono ciascuna il loro marito, tranne una, Ipermestra, che risparmia Linceo, del quale si era innamorata perché aveva rispettato la sua verginità; il suo è l’unico letto nuziale che non si macchia di sangue, né del sangue della deflorazione, né di quello dello sgozzamento. Per punizione del loro crimine, nell’Ade le fanciulle sono condannate a riempire in eterno di acqua un vaso bucato1.

Riferimenti interni

vedi sez. IIIA.3.2.3; VIA.3

Fonti
  1. Eschilo, Suppl.; Prom. 853-69; Apollodoro, Bibl. 2, 1, 3-5

Commento

Il rifiuto delle nozze con i cugini consanguinei, consentite nel costume sociale, che anzi preferisce un regime endogamico, viene rappresentato come una vera e propria guerra che le donne conducono contro gli uomini. Il racconto, con l’inseguimento bestiale e l’uccisione, potrebbe adombrare la sostanziale violenza ‘fondatrice’ intrinseca al matrimonio, se visto dalla parte della donna, strappata alla casa paterna, e che subisce, senza possibilità di scelta, la sessualità maschile.

Link esterni