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Divinizzazione di Romolo

Romolo passa in rassegna l’esercito nel Campo Marzio, quand’ecco all’improvviso scomparire il sole e venir giù un violento temporale. Fra lampi e tuoni il cielo si squarcia e Romolo sparisce dalla vista: era salito tra gli astri con i cavalli del padre o forse avvolto da una nube. Un fatto così straordinario provoca un turbamento generale; ci fu anche chi sospettò che il re fosse stato ucciso dai senatori. Eppure, l’ammirazione per l’eroe e la paura accreditarono sin da subito la prima versione1. Chi non ebbe dubbi fu Giulio Proculo, fedele amico di Romolo2. Ritornava da Alba Longa quando d’un tratto ebbe una visione sconvolgente, da fargli drizzare i capelli: di fronte a lui stava Romolo, più bello e più grande di un uomo. Gli parlò così: «Di’ai Quiriti che smettano di piangere! Offrano piuttosto incenso alla mia divinità, rendano onore al nuovo Quirino coltivando i costumi degli antenati!». Detto questo, sparì. Proculo riferì al popolo quanto aveva visto e udito e, subito, si costruì un tempio per il nuovo dio, da cui si denominarono un colle e le cerimonie sacre per lui istituite3.

Fonti
  1. Livio, 2, 16
  2. Plutarco, Rom. 28
  3. Ovidio, Fast. 2, 491-512

Commento

L’identità del soggetto eroico si consegna alla memoria collettiva attraverso la morte: essa è accompagnata da eventi soprannaturali, ma può essere sostituita da sparizioni misteriose o straordinarie metamorfosi che si legano all’aspetto più significativo della conclusione dell’esistenza eroica, ovvero la fondazione di realtà geografiche, sociali e culturali, mediante le quali si esplica la sua funzione civilizzatrice.

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