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Miti

Nascita di Elena

Leda è moglie del re di Sparta Tindaro, padre mortale di Elena, nella cui casa la ragazza viene allevata. Tuttavia, un'altra tradizione riconosce in Zeus il genitore divino dell’eroina: sotto le mentite spoglie di un cigno il Cronide vola presso Leda e ottiene con l’inganno l’incontro amoroso1. Secondo alcuni la donna, nella medesima notte in cui ha luogo l’unione con il dio, copula con il consorte mortale2. Il frutto di queste unioni ravvicinate con i due amanti è plurimo: i gemelli Castore e Polluce, Elena e Clitennestra. Leda, per di più, partorisce un uovo, che si schiude subito oppure in un secondo momento, dopo che la donna lo ha deposto in una cassa3. In un’altra versione, invece, madre di Elena è Nemesi: costei tenta una sequela di metamorfosi per evitare l’amplesso con Zeus, finché l’unione avviene quando i due personaggi hanno entrambi la forma di un’oca4.

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Le oche del Campidoglio

Sconfitti sull’Allia da un contingente gallico, nell’anno 390 a.C., i Romani si rifugiano in città e meditano di riunirsi tutti sulla rocca capitolina. Constatando che il luogo non li avrebbe potuti contenere tutti, decidono che a presidio del Campidoglio rimangano solamente gli uomini validi insieme alla loro mogli e figli. I sacra publica vengono nascosti in luogo sicuro. Molti plebei si rifugiano sul Gianicolo, mentre gli anziani di rango senatoriale attendono con dignità la morte negli atrii delle loro case patrizie. I Galli notano il passaggio di un messaggero romano e scoprono in questo modo che l’accesso alla rocca è possibile dalla parete di roccia chiamata saxum Carmentis – il lato verso il Tevere su cui invece i Romani contavano di essere protetti (altri dicono che passarono invece per dei cunicoli che li condussero direttamente nell’area del tempio di Giove). In una notte luminosa, aiutandosi l’un l’altro e in perfetto silenzio, scalano la roccia e si affacciano alla sommità del colle. Le sentinelle non li sentono. Nemmeno i cani guardiani rilevano la loro presenza – e qualcuno insinuerà poi che si siano venduti al nemico per un tozzo di pane in cambio del silenzio1. Ad un certo punto, un allarme scuote tutti dal sonno: alcune oche, che avevano percepito l’avvicinarsi di intrusi, iniziano a starnazzare rumorosamente e a produrre un grande trambusto con il loro concitato sbattere d’ali – «svolazzando nei dorati portici l’oca argentea annunciava che i Galli erano alla soglia»2. Nonostante la scarsità di cibo affliggesse tutti gli assediati – umani e animali – i Romani non avevano osato toccare le oche, che erano sacre a Giunone, e venivano ora ripagati del loro rispetto; le oche, dal canto loro, erano insonni e reattive più del solito proprio per la fame che le attanagliava e perciò avevano avvertito la silenziosa presenza dei Galli3. La reazione pronta dei Romani – primo fra tutto Marco Manlio – allo schiamazzo degli animali consente di respingere i Galli e di salvare i sacri luoghi del Campidoglio. Il giorno seguente a Manlio vengono tributati onori, mentre le sentinelle inefficienti vengono messe sotto accusa e una di loro viene condannata a morte e precipitata dalla rupe.

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