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Miti

Mutilazione proci

A Itaca, nella sala del palazzo, Odisseo stermina i pretendenti che per lungo tempo si sono insediati nella sua casa. Si deve decidere la sorte da riservare al capraio Melanzio, il quale ha appena sottratto dalle stanze scudi, lance ed elmi per armare i proci. Eumeo e Filezio, istruiti da Odisseo, trascinano l’uomo nel magazzino e qui lo torturano dopo averlo appeso con una fune a una trave del tetto. I due quindi conducono fuori il corpo senza vita del traditore e col bronzo spietato gli tagliano via naso e orecchie, strappano i genitali – gettati in pasto ai cani –, infine recidono mani e piedi1.

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Il cane Argo

Odisseo arriva finalmente alle porte della reggia di Itaca in incognito, accompagnato dal porcaro Eumeo che ancora non sa di essere insieme al suo re travestito. Mentre i due discutono su come sia meglio entrare, un cane sdraiato lì vicino drizza teste e orecchie. Si tratta di Argo, che tanti anni prima Odisseo aveva preso da cucciolo e allevato personalmente. Non aveva purtroppo avuto l’opportunità di goderselo, perché ben presto era dovuto partire per Troia. L’eroe, adesso, è irriconoscibile: non solo per i venti anni trascorsi ma per il travestimento e la metamorfosi che Atena aveva imposto ai suoi tratti, per farlo sembrare un vecchio mendicante. Eppure Argo, vecchio e senza più forze, buttato nel letame e pieno di zecche per l’incuria dei servi infedeli, capisce che quell’uomo è Odisseo: muove la coda e abbassa entrambe le orecchie, ma non ce la fa ad alzarsi per avvicinarsi a lui. L’eroe pure riconosce il suo cane, ma non può tradirsi, deve trattenere la commozione. Girando il viso per nascondere le lacrime, distrae Eumeo chiedendogli informazioni sulla bestiola. Il porcaro lo informa che quel cane era stato il cane di Odisseo e, anche in assenza del padrone, non aveva tuttavia tradito le aspettative: si era dimostrato un ottimo segugio e si era guadagnato da vivere percorrendo i boschi dell’isola senza risparmiare le energie, inseguendo capre selvatiche, cervi e lepri – nessuna preda sfuggiva al suo fiuto e alla sua corsa veloce. Non era certo uno di quei cani ornamentali, che passano il tempo oziosi presso le tavole dei padroni, ma un ottimo cacciatore, degno dell’eroe al quale apparteneva. Fa indignare perciò che le schiave alla reggia lo lascino languire in quel modo, nel letame e pieno di zecche. E mentre i due uomini, così discorrendo, si dirigono al salone dove stanno radunati i pretendenti, Argo esala l’ultimo suo respiro.

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Riconoscimento tra Odisseo e Telemaco

Approdato a Itaca sotto le mentite spoglie di un mendicante, Odisseo si rifugia presso il fedele porcaro Eumeo, dove prepara la vendetta sui Proci. Ispirato da Atena, Telemaco si reca dallo stesso Eumeo, che lo accoglie nella sua capanna; Atena consiglia allora a Odisseo di rivelarsi al figlio, lo tocca con una bacchetta d’oro e ne trasforma le vesti, rendendolo più giovane e più bello. Telemaco lo vede e resta senza fiato, intimorito, sicuro che si tratti di un dio, ma Odisseo gli rivela di essere suo padre: i due si abbracciano, scoppiando in singhiozzi e piangendo di un pianto acuto, «più fitto che uccelli»1.

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Atena spinge Telemaco a cercare il padre

Telemaco cresce in attesa del padre, fino a quando Atena si presenta a Itaca sotto le spoglie di Mente, un amico di Odisseo. Questi viene accolto come ospite da Telemaco e gli consiglia di partire alla ricerca del padre1. Telemaco rompe gli indugi e si mette in mare, recandosi prima a Pilo da Nestore, compagno d’armi di Odisseo a Troia, poi a Sparta da Menelao, dove ascolterà i racconti della guerra e dei diversi ritorni degli eroi e di come di suo padre si siano perse le tracce2.

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